L’infermiere: un cuore che cura tra due culture

Sala CAM Falcone e Borsellino, Chiostro Bramantesco Milano

Sabato 29 novembre si è svolto un convegno alquanto attuale, con uno sguardo proiettato verso il futuro. Un futuro fatto di accoglienza, integrazione e cura per quanto riguarda la figura dell’infermiere.
I primi interventi avevano il titolo “Uno Sguardo sull’Opera don Guanella”. Moderatore del workshop è stato Marco Petrillo che, con competenza ed empatia, ha saputo accompagnare gli uditori attraverso i concetti e lo sguardo attento offerto dai relatori. Citiamo il titolo dei loro interventi:
– Dott.sa Cassani Elena responsabile sanitario “L’equilibrio della cura: difficoltà nella gestione multiculturale del team infermieristico”
– Dott.sa Paola Doggi coordinatrice “Tra accoglienza e resistenza. Il ruolo della coordinatrice nell’integrazione
– Dott.sa Daniela Gioacas infermiera rumena “Professione ed identità: esperienza di una infermiera rumena in RSA”
– Dott.sa Rajani Felix infermiera indiana “Un cuore che cura tra due culture: difficoltà ed accoglienza in Italia

Proprio dalle parole di quest’ultima vogliamo farvi partecipi, perché in esse si trova un cuore che cura.

“Oggi sono qui per parlare di un viaggio speciale: il viaggio di un cuore che vive, cresce e cura tra due culture. Un viaggio che non è fatto solo di chilometri, ma di emozioni, sfide e scoperte. Vivere tra due culture non è sempre facile.
Da un lato c’è la ricchezza della diversità la possibilità di imparare nuovi modi di vedere il mondo, di costruire ponti di comprensione e di umanità. Dall’ altro lato ci sono le difficoltà, le barriere linguistiche, i pregiudizi, il senso di non appartenere completamente né alla cultura d’origine né a quella di arrivo. Invece chi cura con un cuore diviso spesso deve trovare un equilibrio delicato tra i valori della propria terra e le regole del nuovo contesto. Deve imparare a trasformare con forza la propria doppia identità in una risorsa per gli altri. In questo percorso l’accoglienza dell’Italia gioca un ruolo fondamentale. Un paese accogliente non è solo quello che apre le sue frontiere ma quello che sa riconoscere nel volto dell’altro una parte di sé, che sa valorizzare le competenze e le storie, che non teme la diversità, ma le abbraccia come occasione di crescita. Oggi più che mai, abbiamo bisogno di cuori che curano non solo nel senso medico ma nel senso umano.